INCONTRO CON L'AUTORE

#IOLEGGOTUSCRIVIIOSCRIVOTULEGGI

Lavori realizzati dagli alunni della QUARTA D - Scuola Primaria 


Istituto Comprensivo di SAN GIORGIO DELLA RICHINVELDA (PN)


Insegnante referente:   Maestra Rosanna

Responsabile Biblioteca comunale: Dott.ssa Rosita Lopatriello


Andryou, il mascalzone!

 

È una giornata di primavera, le nuvole grosse che ricoprono il cielo sembrano panna montata e i rami di ulivo vengono agitati dal vento.

I due amici del cuore, il cane Filippo e il coniglio Fufù, si trovano come ogni mattina nel giardino della loro capanna. Si conoscono fin da piccoli perché le loro mamme abitavano nella stessa fattoria ed erano amiche e, ora, ogni giorno, inventano un gioco per passare il tempo insieme.

Fufù, guardando il compagno con aria di sfida, esclama: “Io sono abilissimo nei salti”

Filippo seccato ribatte: “Cosa credi che io non sia bravo a saltare?”

Fufù ride e dice: “Secondo me, salti come un pinguino”

 “Adesso ti faccio vedere io! Ti sfido in una gara di salti!” risponde convinto Filippo. Fufù accetta e i due amici pensano a cosa mettere in palio come premio.

Mentre discutono, sentono uno strano urlo provenire da dietro la capanna.

Si guardano spaventati e corrono verso quella direzione, ma non trovano nessuno e non vedono nulla di diverso dal solito.

All’ improvviso giunge un altro urlo, più forte del primo.  Questa volta, però, arriva da dentro la capanna e i due amici iniziano a tremare come delle foglie.

Filippo con un filo di voce sussurra: “Io ho paura, c’è un fantasma nella capanna!”

 “ Io non entro a vedere …  cosa facciamo?” risponde timoroso Fufù.

Mentre i due pensano a cosa fare, dalla finestra esce il pappagallo Andryou, ridendo come un pazzo. Volando sopra le loro teste li schernisce: “Fifoni, fifoni” e poi sparisce tra le nuvole.

“Non ci posso credere: è quel maledetto pennuto! Si è burlato un’altra volta di noi!” esclama abbattuto Filippo 

“Non è altro che un mascalzone! Adesso ci penso io!” ribatte furioso l’amico annodandosi le lunghe orecchie.

Fufù inizia a pensare a un marchingegno per sparare delle noccioline contro l’antipatico pappagallo. Quindi prende del legno e della colla e, per alcuni giorni, lavora senza sosta. Finalmente la sparanoccioline è pronta e funziona alla perfezione con i passeri che popolano la campagna attorno.

Proprio quel giorno, il pappagallo ritorna schiamazzando con la solita prepotenza. Le sue grida sono così forti che Filippo e Fufù si devono tappare le orecchie per non rischiare la sordità, ma questa volta non hanno nessun timore.

Il cane, ben istruito dal coniglio, attiva il nuovo marchingegno che lancia con precisione una nocciolina dritta sulla testa di Andryou.

Il pappagallo tramortito cade a terra ed inizia a lamentarsi: “Ahi, che botta! Voi siete fuori di testa! Io non torno più qui!”

Fufù risponde: “Così impari a essere tanto dispettoso e arrogante!”

“Potrai tornare qui quando ti comporterai meglio!” aggiunge Filippo guardandolo dritto negli occhi.

Il pappagallo pentito chiede scusa e, da quel giorno, quando s’incontrano, giocano insieme come veri amici.                                                       

 

Federico – classe 4D

 

 

 

FABIO IL TECNOLOGICO

 

Un bel giorno d’estate, un simpatico commesso di nome Fabio stava lavorando all’Emisfero, un immenso centro commerciale. Aveva trovato quell’occupazione per mantenersi e per pagare le fantastiche ricerche a cui dedicava ogni momento libero. Alle volte, si svegliava in piena notte, si alzava, si faceva un buon caffè e iniziava a consultare i suoi magnifici libri per soddisfare le sue curiosità o per trovare le risposte ai tanti dubbi che gli ronzavano nella mente.

Quel giorno, durante l’ora di pausa, Fabio si era portato il suo pc portatile per fare degli approfondimenti di geologia, una materia di cui era molto appassionato.

Mentre cercava un termine specifico per la sua ricerca sui minerali dello Zoncolan, gli comparve una vignetta che diceva: “Il tuo sistema operativo è stato hackerato: impossibile rispondere ai comandi”

Lo studioso rimase a bocca aperta e, mettendosi le mani fra i capelli, disse:

‘’ Non può essere, ho installato il programma antivirus più sicuro che ci sia! ‘’.

Poi, innervosito, cliccò sulla vignetta del problema e trovò un audio che diceva: ‘’Incontriamoci domani alle sei in punto del mattino; se non verrai, ti perseguiterò per tutta la vita! ’’.

Quella voce sinistra apparteneva al temibile Alberto, il pirata del web.

Dopo aver ascoltato attentamente quel minaccioso messaggio, Fabio, pieno di rabbia, decise di chiamare la polizia postale. Gli esperti agenti si misero subito al lavoro per rintracciare il moderno corsaro, già molto conosciuto per i suoi crimini digitali. Quel giorno fu particolarmente fortunato perché, grazie alle tracce lasciate nel computer del ricercatore, catturarono, una volta per tutte, quel sudicio filibustiere.

Fabio, dopo quel giorno, visse una vita tranquilla e poté dedicarsi a tempo pieno alle sue amata ricerche. Fece, infatti, delle scoperte importanti che vennero pubblicate sulle riviste scientifiche più prestigiose del mondo procurandogli molti e molti soldi.

 

Andrea e Davide classe 4D

 

 

 

CHE FIFA GIALLA!!!!!!

 

Eccolo che si avvia per la sua missione: il canarino Freddy è pronto a combinarne una delle sue.

Freddy è un piccolo canarino che vive in casa Will-Smitt, è giallo con delle sfumature rossastre sulle sue piccole piume, ma ha una particolarità che nessuno conosce: ha paura dei pagliacci, infatti, appena ne vede uno, inizia a fare il suo verso isterico "CIP-CIP-CIP-CIP" come segno di paura e di insicurezza; i gatti lo burlano sempre per queste fobie da uccellino e si fanno delle grasse risate alle sue spalle.

Insieme ai suoi alleati (i gatti di casa), Freddy ha una missione segreta da portare a termine: deve rubare del cibo alla festa di compleanno di Sofia, la più piccola di casa. Al canarino è venuto in mente di fare questo dispetto dopo aver sentito che la piccina, grande amante dei pagliacci, aveva chiesto ai genitori di animare la sua festa con il terribile, innominabile pagliaccio AMBROGIO. La notizia aveva mandato Freddy in tilt e così, per vendicarsi, ha deciso di organizzare lo scherzo.

I gatti iniziano ad arrampicarsi sui tavoli per rubare il cibo, ma dei colpi improvvisi fanno fermare tutti: è il clown che sta entrando. Non appena lo vede, Freddy inizia a volare senza una direzione e va a sbattere a destra e sinistra, tirandosi dietro tutte le cianfrusaglie, finché, un po’ per lo spavento ed un po’ per la stanchezza, si schianta al suolo e sviene. Tutti i presenti si preoccupano ed accorrono in suo soccorso, compreso il clown; appena il canarino apre gli occhi, si trova a poca distanza anche il temibile viso di AMBROGIO e così riprende a singhiozzare e strillare, fino a cadere in un lungo e profondo sonno.

A distanza di ore, il canarino riapre gli occhi e, non avendo più nessuna brutta faccia attorno, ritorna subito attivo e vispo come al solito. I signori Will-Smitt iniziano a cercare di capire cosa sia successo, si fanno delle domande, ma non sanno darsi delle risposte convincenti. I gatti, conoscendo tutta la verità, provano a spiegargliela, e, tra fusa e miagolii, riescono nell’impresa.

Una volta scoperto ciò che è realmente accaduto, i coniugi Smitt cercano di rassicurare il piccolo Freddy, e, per aiutarlo a rilassarsi, gli comprano addirittura una nuova altalena per la sua bella gabbietta. Commosso da tutte queste attenzioni, il canarino giallo inizia a sentirsi un po' in colpa per aver rovinato la festa di Sofia e decide di provare a farsi perdonare.

L'anno successivo la festa si ripete: gli stessi addobbi, lo stesso cibo, gli stessi invitati e, specialmente, lo stesso OSPITE D’ONORE. All'apparenza sembra tutto uguale, ma per il canarino qualcosa è cambiato rispetto all'anno scorso: infatti, non appena il temibile Ambrogio fa il suo ingresso in casa, anziché spaventarsi, Freddy inizia a svolazzare e a cinguettare beatamente davanti ai suoi occhi stupiti.

Con questo gesto la fifa di Freddy per i clown svanisce, ed inizia così una bella amicizia tra l'allegro canarino e Ambrogio.

                                     

Kendra – classe 4D

 

 

 

IL CANGURO SENZA LEGGI

 

C’era una volta un canguro di nome Frederic che viveva in Cina; a Frederic piaceva tanto saltellare nel suo immenso paese e scoprire cose nuove. Un giorno si ritrovò davanti ad una strana chiesa, entrò e vide un adulto che parlava sull'altare. Si soffermò ad ascoltarlo e, ad un certo punto, un fedele disse: “Un animale si è intrufolato nella chiesa, portatelo fuori!”.

Ci furono due minuti di silenzio.

Poi Il prete tirò fuori dalla tasca il suo coltellino da viaggio, che aveva comprato durante un pellegrinaggio in Svizzera: era di un rosso sfavillante, con la lama lucida e tagliente che fuoriusciva a scatto dal manico; dietro al manico c’era scritta la frase “Che Dio ci aiuti” e, solitamente, leggerla lo faceva sentire meglio, per cui lo fece anche in quel momento. In realtà, però, lo stratagemma non funzionò molto, allora il prete, davvero infastidito, interruppe la messa, scese dall'altare e si avvicinò al canguro dicendo: “Cin Cion Cian Cin”, che stava a significare “Se non te ne vai ti manderò via con la forza”.

Cominciò così un buffo inseguimento, durante il quale il prete si avvicinava e il canguro si allontanava; infine il canguro cominciò a saltellare e poi a correre, mentre il prete, astuto, prese la sua motocicletta e lo inseguì per tutta la Cina. Ad un certo punto il canguro era stanco morto e non riusciva più a muovere le zampe, quindi decise di nascondersi dietro ad un albero. Il sacerdote lo trovò subito, perché il suo nascondiglio era banalissimo e lo catturò facilmente con delle brutte intenzione. Però, prima di fargli del male, pensò: “Se lo uccido commetto un peccato e Dio mi punirà, quindi lo risparmio”. Il prete si pentì del pensiero che aveva avuto e chiese il nome all’animale. Il canguro rispose: “Mi chiamo Frederic”. Anche lui era curioso di conoscere il nome del prete, ma prima di chiederglielo il suo sguardo si fissò sul cartellino appeso al collo e lesse “Don Antonio”.

Da quel momento i due diventarono amici e il prete permise a Frederic di entrare in chiesa ogni volta che lo desiderava. Con il passare del tempo, l’amicizia si consolidò e Don Antonio decise di dare a Frederic il compito di raccogliere le offerte durante le messe, usando il suo bel marsupio. Fu così che anche i fedeli capirono che non c’era nulla di male se un animale frequentava la loro chiesa.

 

Benedetta – Matthias  classe 4D

 

 


LA FUGA

 

C’era un volta un cane di nome Filorgio e un cavallo di nome Fabio che vivevano in un capanno.

Il loro padrone, Alessandro, era molto severo, perché gli dava da mangiare solo una volta alla settimana. I due amici, stanchi di quel brutto trattamento, decisero di scappare. Ma come fare?

Pianificare una fuga dalla fattoria non era facile, perché c’era un grosso problema: il contadino si alzava molto presto per far funzionare la sua proprietà e la sera lavorava fino tardi.

I due animali, però, non rinunciarono all’idea e, ogni giorno, pensavano a come risolvere il loro problema.

Finalmente, una mattina, il cavallo trotterellando disse: “Ideona, possiamo uscire dalla porta posteriore!”. Filorgio ascoltò con attenzione il piano dell’amico e insieme lo studiarono nei minimi particolari.

Stava per tramontare il sole, il padrone da lì a poco sarebbe andato a dormire, per cui i due pensarono che quello fosse il momento giusto per la fuga.

Filorgio e Fabio, per ingannare il contadino, misero al loro posto due peluche a forma di cavallo e di cane, poi andarono silenziosamente verso la porta posteriore, che era un uscio basso e stretto.

Passò prima Fabio, ma gli rimase il di dietro incastrato, perché era un po’ troppo grosso per quel passaggio.  Filorgio spinse con tutta la forza che aveva e, grondando di sudore, esclamò: “La dieta ferrea di Alessandro non ti è bastata!”. Fecero un sacco di rumore e il padrone, sempre attento e sospettoso, scese a controllare.

Fabio, che aveva un buonissimo udito, percepì i passi e disse: “Nascondiamoci nel carro di paglia”.

I due, senza pensarci troppo, si tuffarono e il loro peso fece rotolare il carro dalla collina. La corsa fu pazzesca e finì quando il carro andò a sbattere contro il tronco di una grossa quercia.

Il mezzo di fortuna si sfasciò e i due amici trovarono la desiderata libertà.

 

Marta classe 4D

 

 

 

La pasta che non voleva essere scolata

 

Quel giorno il cuoco Frittata voleva preparare un ottimo piatto di pasta al pomodoro, da offrire al giudice culinario seduto nel salone ad aspettare.

Lui adorava quella cucina, sopra il piano di cottura aveva una barra di ferro con dei gancetti che reggevano padelle, mestoli e scolapasta.

Aveva anche un forno di ultima generazione, con tutte le funzioni immaginabili, che cuoceva in un batter d’occhio.

Però, visto che erano passati dieci minuti da quando aveva messo in cottura la pasta, doveva togliere la pentola dal fornello e scolarla. Ma la pasta voleva rimanere ancora a galla nell’acqua, allora urlò allo chef: “Ehi tu! Sono io, la pasta Anaconda! Perché vuoi buttarmi in quel recipiente bucato!? Così cadrò tutta nel lavandino!”

“Quei buchi servono per eliminare l’acqua” disse Frittata. “E perché vuoi eliminare l’acqua scusa? Lei mi tiene caldo e siamo diventate amiche! E poi, se vuoi buttare l’acqua, io diventerò dal gusto orribile, quindi il tuo ristorante non verrà promosso da quel giudice!” ribattè Anaconda. Allora il cuoco le fece una promessa: dopo averla fatta mangiare al giudice, avrebbe preso un pugno di pasta rimasta nel sacchetto e l’avrebbe messa nell’acqua a bollire. Anaconda accettò e si lasciò scolare, condire e mangiare. Il giudizio del giudice fu ottimo e così il cuoco, molto soddisfatto, mantenne la sua promessa.

 

Matteo classe 4D

 

 

 

L’unione fa la forza

 

Una mattina di luglio, come ogni giorno, il carabiniere Filippo stava sorvegliando la caserma in cui prestava servizio ormai da dieci anni.

Lui, nei momenti di pausa, si metteva davanti allo specchio e iniziava a canticchiare, perché aveva un grande sogno: partecipare a un talent show e avere la fortuna di vincerlo.

Quella mattina, quando smise di cantare, sentì il cigolio della porta d’ingresso perciò sospettò che qualcuno si fosse intrufolato.

All’inizio pensò che fosse solamente un’illusione, ma poi si ricordò che solo lui aveva le chiavi per entrare e uscire, neppure il comandante le possedeva.

Allora controllò tutte le stanze e, quando arrivò nell’ultima, trovò un uomo alquanto stravagante. Era alto, con la barba lunga fino ai piedi, un orecchino a cerchio, una bandana nera e un pappagallo colorato posato sulla spalla. Era un pirata.

Il corsaro, stupito, con una voce tonante esclamò: “Aaaaarg! Ci hanno trovato.”

Il carabiniere, anch’esso sbalordito, cercò di afferrarlo per la barba, ma era finta e si staccò tra le sue mani.

Il pirata, agile come una lepre, cominciò a correre e il pappagallo dall’alto gli dava le indicazioni, ma non si accorse che davanti a loro c’era un enorme muro dove si spiaccicarono entrambi.

Filippo prese velocemente le manette, li catturò e li portò dal giudice che spedì immediatamente il pirata e il suo alleato in galera.

Dopo qualche giorno, in caserma, si sentì una dolce melodia provenire dalla cella dov’ era rinchiuso il pirata e il suo pennuto.

Il carabiniere andò a verificare che cosa stesse succedendo e trovò il pirata e il pappagallo ballare la salsa e cantare a squarciagola.

Notò che erano molto bravi e, avvicinandosi, disse: “Se volete io potrei liberarvi. In cambio, però, voi dovrete cantare con me in un talent show”. Loro, entusiasti, accettarono.

Dopo molte prove diventarono bravissimi e, finalmente, si iscrissero al talent più famoso del momento.

Arrivò il giorno in cui finalmente salirono sul palco e, come una vera band, si esibirono con grande bravura. Gli applausi non finirono più e il trionfo fu scontato. 

Alla fine i tre, oltre a diventare grandi amici, fecero un enorme successo e diventarono i cantanti più famosi di tutto il mondo.

 

Filippo e Luca

 

 

 

MISSIONE COMPIUTA

 

Eccolo che si avvia per la sua nuova missione: il canarino Frittella è pronto a combinarne una delle sue. Frittella è un piccolo canarino che vive in segreto in casa Micetti. Passa le giornate a rallegrare la famiglia, la quale conduce una vita monotona fatta solo di lavoro, di studio, di regole e di fatica. In casa vive anche Armando, un piccolo di passerotto che si diverte, a sua volta, a rovinare le missioni del canarino.  

Quel giorno Frittella decide di infilarsi nello scarpone da montagna del papà. È il decimo compleanno di Arianna e, finalmente, la coppia decide di portare i figli in montagna per trascorrere una giornata di festa.

Questa è una grande opportunità per Frittella, ma, innanzitutto, deve trovare un nascondiglio.  Il primo che gli viene in mente è lo scarpone del papà: è il più spazioso e durante il viaggio può regalargli sogni felici.

Mentre si sistema, Armando, attento a tutti i movimenti del rivale, s’ intrufola nella borsa super attrezzata di Giulio. Prima di sistemarsi raccoglie nel cortile qualche sassolini e dei legnetti canticchiando allegro questo ritornello:” Ucci, ucci, sento odor di Fritellucci!”

Poi chiude gli occhietti e si addormenta serenamente, non sapendo quello che lo aspetta.

Il viaggio dura molte ore, ma, quando arrivano, un’aria gelida sveglia i due pennuti.

A fatica entrambi escono dai loro nascondigli, scendono dall’automobile, allargano le ali e spiccando il volo. Il panorama è splendido: una coperta bianca avvolge ogni cosa e lo spazio è infinito. Nonostante ciò, Frittella e Armando si trovano uno di fronte all’altro e, dopo un reciproco sguardo minaccioso, danno inizio alla loro personale guerra.

Frittella non ha armi, Armando, al contrario, ne possiede molte.

Il passerotto è pronto e agguerrito; Frittella è disorientato, ma non perde la lucidità e il coraggio e prepara qualche palla di neve da lanciare. Il combattimento inizia.

Ovviamente Armando è in vantaggio, ma non ferisce gravemente il canarino che sa muoversi con agilità e astuzia. Lanci di legnetti, sassolini, pigne e neve durano qualche minuto, poi, a Frittella si accende una lampadina. Qualche metro più in là vede un grosso legno scavato a forma di ciotola con dentro una pigna piena di pece: può creare una catapulta!

Per attirare il nemico, vola velocemente in macchina a prendere quel giochino sonoro che cinguetta proprio come loro e lo posiziona strategicamente. Armando ci casca come una pera e, per Frittella è un gioco da ragazzi colpirlo e stenderlo.

Il passerotto ancora intontito cede alle richieste del canarino e promette di non rovinare più la sue missioni, anzi decide di collaborare per rendere i dispettucci ancora più divertenti. Da quel giorno la famiglia Micetti vive in allegria e le risate non mancano mai, con grande soddisfazione dei due uccellini.                                       

 

Alice  classe 4D

 

 

 

RUBARE PER VIVERE

 

In una piacevole e fresca giornata d’inizio primavera, verso l’alba, un contadino, di nome Francesco, stava pulendo e lucidando il suo fucile per andare a caccia con il suo amico coniglio Federico.

Francesco, detto Ceccho, era un uomo di mezza età, vestiva con una giacca a quadrettoni rossi e bianchi, una salopette di jeans con un’enorme tasca centrale in cui teneva sempre un po’ di mangime per il suo fidato amico. Ai piedi calzava degli stivali in gomma che gli arrivavano alle ginocchia e in testa metteva un enorme cappello di paglia, un po’ sgualcito, che gli schiacciava la sua folta chioma di capelli neri. Gli occhi erano due nocciole, il naso grosso e appuntito, i denti bianchissimi, le mani tozze e sbadate, la carnagione scura, ma la cosa più straordinaria era il suo carattere mite.

Invece, Federico, aveva il manto color caffellatte, piccoli pallini al posto degli occhi, un codino candido, un naso molto curioso e zampe forti e agili.                 

Terminata la preparazione del fucile, Francesco, si caricò un sacco in spalla per trasportare le prede e mise nella tasca della salopette un paio di proiettili di riserva.

I due andavano a cacciare in un boschetto di cedri a pochi chilometri dalla loro abitazione, dove la cattura alle anatre era aperta tutto l’anno. 

Per cacciare usavano un metodo tutto loro: il contadino si nascondeva nelle radure, dove era più facile sparare verso il cielo, mentre Federico attaccava i pennuti obbligandoli a volare via. A quel punto, per Francesco era un gioco da ragazzi prendere la mira e che, con uno o due colpi, centrare il bersaglio. Quando riuscirono ad abbattere sei, sette anatre si avviarono con soddisfazione verso casa, ma un gridolino li insospettì. Subito corsero verso la direzione dell’urlo, che si faceva sempre più forte ma, purtroppo, finirono in una trappola escogitata da Amerigo il pastore. Nessuno sapeva dove abitasse o che volto avesse perché, quelle poche volte che scendeva in paese, era vestito come un frate, col cappuccio alzato e teneva un bastone di pioppo con la mano destra.

A emettere i gridolini era stato proprio lui e, oltre ad aver distratto i due, rubò anche il bottino caduto a Checco qualche metro prima della trappola.

Fede e Francesco si fiondarono subito all’inseguimento di quell’ombra ormai lontana.

Dopo un folle inseguimento durato oltre mezz’ora, arrivarono alla stalla o meglio al rifugio di Amerigo. Rimasero stupiti: quell’edificio era completamente rosso con le rifiniture bianche. Da una piccola finestra centrale, sopra le due grandi porte d’entrata, usciva una trave di legno con attaccata una carrucola in ferro. Le travi del tetto cadevano a pezzi e di fiano c’era un granaio completamente vuoto. Entrarono titubanti.

“Uscite!” strillò il pastore “Non siete i benvenuti!”.

“Noi usciremmo, però con il nostro bottino!” rispose infuriato Francesco. Poi continuò “Perché ci hai imbrogliati e derubati?”

“Mi dispiace, ma non ho soldi e mi procuro da mangiare derubando i passanti!”.

Francesco e Federico provarono compassione e chiesero al pastore di raccontare la sua storia.  Amerigo iniziò dalla sua triste infanzia e, dopo molte ore, tutto si chiarì.

Dopo quella lunga mattinata, il coniglio e il contadino tornarono a casa, non solo con le provviste per qualche settimana, ma con un nuovo amico.

 

Mario e Pietro      classe 4D

 

 

 

Un’amicizia bomba

 

C’era una volta un cane di nome Ferro, era tutto marrone con le orecchie a punta ed il pelo lungo e morbido. Insieme a Ferro, in una grande fattoria, viveva un pappagallo di nome Alessio, che era azzurro con la cresta gialla; questo pappagallo era un gran chiacchierone, ma, avendo un tono di voce molto alto, anziché parlare, gridava.

In una bella mattina di sole, Ferro stava scavando una buca in campagna, mentre Alessio, appollaiato sul ramo di un albero vicino a lui, cantava la sua canzone preferita: “Trallalero, trallalà sono il pappagallo più bello di questa città”. Il cane, infastidito dal tono troppo alto della sua voce, rimproverò Alessio: “Smettila! Mi stai facendo impazzire col tuo gridare!”.

Ferro era davvero furente, e siccome Alessio non la smetteva, era quasi sul punto di saltargli addosso. Però, quando si accorse che un grande gatto nero si stava avvicinando minaccioso e famelico al pappagallo, realizzò che, in fondo, si era affezionato ad Alessio, quindi intervenne in sua difesa e scacciò il grosso felino.

Il cane Ferro e il pappagallo Alessio, da quel giorno, divennero ottimi amici.

 

Gioele classe 4D

 

 

 

UN’ADOZIONE COMPLICATA

 

Era un bel giorno di primavera e Fifo, uno dei tanti “trovatelli” che vivevano nel canile, stava giocherellando con un pezzo di legno. Quello stesso giorno era venuto in visita un pompiere con l’intenzione di adottare un simpatico cucciolo; Fifo non pensava di essere scelto, perché, essendo molto distratto e giocherellone, ne combinava sempre di tutti i colori! Alla fine, tuttavia, quel pompiere grassottello dai capelli gialli come il sole e dagli occhi verdi scelse proprio lui.

Antonio, così si chiamava il vigile del fuoco, prese in braccio il minuscolo cagnetto e lo portò a casa. Per Fifo quella nuova sistemazione risultò una vera e propria sala giochi, ma per la sua nuova famiglia si presentarono ben presto un sacco di guai. Una volta, infatti, Fifo prese e ciucciò un calzino e una ciabatta della moglie del pompiere; la mattina seguente lo sorpresero a rosicchiare un angolo dell’ufficio; un altro giorno ancora sotterrò il cellulare e le chiavi di casa, che i padroni impiegarono un bel po’ a ritrovare; un’altra volta ancora prese le tempere dei ragazzi, facendo macchie di qua e chiazze di là e per Antonio non fu per niente facile sistemare i muri, né, soprattutto, parlarne con l’affittuario.

Insomma, per Fifo c’era sempre un’occasione buona per combinare qualche guaio e per far arrabbiare i suoi padroni. Una volta, però, il disastro superò ogni limite… Un giorno soleggiato Antonio lo portò in caserma, un grande edificio tutto rosso con qualche linea bianca e una grande scritta gialla che diceva “POMPIERI INGLESI”. Non si possono raccontare quanti e quali guai piazzò il nostro amico, tanto che i colleghi di Antonio lo chiusero a chiave in cantina, perché non lo reggevano davvero più.

La cantina della caserma sembrava quella di un film horror e le ragnatele non mancavano. All’improvviso il cagnetto sentì un sussurro: “Vattene… Qui comando io e se non ti levi ti faccio fuori!”. A queste parole Fifo si accucciò spaventato, chiuse i suoi piccolissimi occhi e cominciò ad agitarsi; quando sentì il rumore di passi che si avvicinavano si fece ancora più piccolo, ma dopo qualche secondo prese un po’ di coraggio, si alzò e diede una sbirciatina: vedeva un’ombra enorme.

“Vatteneee …”

Fifo drizzò le orecchie per lo spavento, però, spinto dalla curiosità, cominciò a camminare mentre la voce si faceva sempre più vicina. Quando riuscì a vedere meglio, si accorse che un pappagallo girovagava per la stanza e si stava burlando di lui. Il pennuto cominciò a ridere stranamente, poi volò fino ad appoggiarsi sulla statua d’oro realizzata in onore del miglior vigile del fuoco del secolo. Dopodiché cominciò a urlare e dire parole strane: ”Berebecanga cabanga! Berebecanga cabanga!”. Per un momento, Fifo credette che stesse recitando un’invocazione, ma dovette subito ricredersi, perché il pappagallo stava colorando tutte le ante del cassonetto con un pastello, mentre cantava: “Io sono Arcimboldo, il pappagallo più intelligente del mondo! Cra, cra!”

Il cassonetto s’ingrandì, s’ingrandì fino a quando si trasformò in un portale.

Fifo non ebbe il tempo di abbaiare, perché fu improvvisamente spinto dal pappagallo e si risvegliò in un posto strano. Era circondato da campi e prati enormi.  La cosa più notevole era un castello, un bellissimo castello. Fifo non credeva ai suoi occhi, ma non ebbe molto tempo per rimirarlo, perché di colpo vide davanti a sé una strana persona: aveva un’armatura di ferro con ricami d’ oro, una spada lucente e un cavallo nero. “Che bel cane!”, disse l’uomo, “Giammai ci separeremo! Mhhh, vediamo come lo chiamerò? Ah sì, Fifo! “

Il cane lo osservò attentamente. Quando si trovarono dentro il castello di Camelot, il cavaliere lo fece vedere al re e chiese di farlo benedire dal parroco. Questo atto calmò il cucciolo e ciò fu un bene: infatti da quel giorno il cane non combinò più grossi guai.

Dopo qualche giorno Fifo iniziò a sentire la mancanza dei suoi padroni, dopotutto non erano così cattivi… A quel pensiero, senza dirlo a nessuno, il cagnetto se ne andò per trovare un modo di ritornare a casa sua. Senza capire bene come, creò un altro portale e tornò dai suoi padroni che lo accolsero con una grande festa; da quel giorno Fifo diventò l’ideale per i bambini, perché continuava ad essere un simpatico giocherellone, ma senza combinare più tanti guai.

 

Joachim classe 4D