CONCORSI DI SCRITTURA CREATIVA
CREAZIONE DI UN FUMETTO
(incipit concorso)
Erano trascorsi pochi mesi dal matrimonio tra Daniel e Camilla e dalla loro incoronazione. Tutto era ritornato alla normalità nel regno. Ma un giorno, alle prime luci dell’alba, a corte arrivò Giovanni uno dei giovani cavalieri del collegio che volle parlare con il re. Era stanco e molto provato, riuscì solo a dire “Daniel… Diego De Villamar è in pericolo, al collegio abbiamo bisogno di te”. Daniel incrociò lo sguardo spaventato di Camilla che senza indugio gli disse: “Vai!”.
I RICORDI DEL PASSATO
Erano trascorsi pochi mesi dal matrimonio tra Daniel e Camilla e dalla loro incoronazione tutto era ritornato alla normalità nel regno. Ma un giorno alle prime luci dell’alba a corte arrivò Giovanni uno dei giovani cavalieri che volle parlare con il Re era stanco e molto provato riuscì solo a dire “ Daniel.. Diego De Villamar (RETTORE DEL COLLEGIO DOVE DANIEL E’ CRESCIUTO) è in pericolo al collegio abbiamo bisogno di te”.
Daniel incrociò lo sguardo spaventato di Camilla che senza indugio gli disse “vai!”
Daniel si mise la sua armatura più potente e impugnò la sua spada affilata d’acciaio e si diresse verso la stalla di Fulmine il suo fedele cavallo e velocissimo amico.
Lui e Giovanni partirono più veloci che mai e, in meno di un giorno di viaggio, arrivarono ai piedi della montagna dove in cima si trovava il collegio. Era una notte freddissima e c’era una nebbia inquietante.
Nel tragitto Giovanni gli raccontò che il perfido Lamberto la notte scorsa con quasi 100 uomini armati fino ai denti rapirono il povero Diego De Villamar perché era considerato un pericolo, visto che il collegio trasformava giovani uomini in ottimi cavalieri per sconfiggere il male della città.
Daniel e Giovanni entrarono nel collegio, le stanze erano state saccheggiate e c’era un caos incredibile per la lotta della scorsa notte.
Daniel cercò di capire se avessero lasciato delle tracce ma nulla era emerso.
Daniel così chiese a Giovanni: “Prima di venirmi a chiamare, cosa hai sentito o visto che ci possa aiutare a capire dove sono andati?”
Giovanni rispose: “fammi pensare… si, hanno parlato di un mago di nome Cilibù che viveva vicino alla spiaggia”.
Il giorno dopo si misero alla ricerca di questo misterioso mago.
Arrivarono alla spiaggia e videro una vecchia capanna con al di fuori tantissime oche stizzite.
Il mago che viveva all’interno aveva una lunga barba sporca e lunghe unghie malate e gialle, inoltre indossava abiti bucati puzzolenti. I giovani chiesero informazioni se avesse visto o se sapesse qualcosa del maestro Diego.
Il mago era imbarazzato e impaurito e subito cominciò a guardare ininterrottamente una gabbia con all’interno un piccolo topo che continuava a correre nella misera gabbietta continuando a squittire.
Vicino alla gabbia del topo si trovava un ciondolo luccicante che catturò subito lo sguardo di Daniel. Il ragazzo lanciò uno sguardo d'intesa a Giovanni, il quale intrattenne il mago Cilibù. Daniel dopo una veloce occhiata prese il ciondolo e se lo intascò.
Dalla fretta prese per mano Giovanni e lo trascinò fuori dalla capanna
Presero il loro cavallo e si diressero verso il collegio, una volta entrati iniziarono a cercare informazioni sulla foto di impolverata da cui era difficile riconoscere chi fosse. Per cercare informazioni decisero di iniziare dall’ufficio che era la stanza in cui il rettore passava più tempo. Appena entrati Daniel tolse dalla tasca il ciondolo, lo aprì e incominciarono a spolverarlo per rendere più chiara la foto. Da quella foto si capiva ben poco ma si riconosceva un ragazzo con l’armatura da cavaliere. Si guardarono attorno e tra tutte le foto appese sui muri trovarono la stessa foto del ciondolo, così capirono che Cilibù aveva trasformato il rettore in un grazioso topolino. Daniel e Giovanni presi dal panico ritornarono nella capanna di Cilibù.
Il mago si stava riposando su una amaca, ma i passi dei giovani lo svegliarono.
Daniel con voce arrabbiata lo minacciò di far ritornare il rettore nelle sembianze umane.
Ma il mago ribattè dicendo che se non se fossero andati avrebbe utilizzato il topo come ingrediente di una pozione.
Daniel e Giovanni non volevano andarsene e senza indugi il mango prese il topo e lo gettò nel suo pentolone; dopo cinque minuti il topo affogò nella pozione, gli occhi dispiaciuti di Daniel si trasformarono in occhi arrabbiati, era mortificato, perché ci teneva troppo, il rettore era come un secondo padre per Daniel.
Il mago dopo che vide gli occhi infuocati si diede alla fuga e uscì dalla capanna, Giovanni prese la rincorsa per uscire dalla capanna e rincorrerlo ma quando mise il piede fuori dalla porta scivolò sopra ad una mappa. Daniel, curioso come era andò a vedere come stava il suo amico Giovanni. Le conoscenze di Daniel capirono subito che il foglio che aveva in mano il suo amico era una mappa. Il titolo della mappa era “Passeggeri nel tempo”
I due amici senza porsi domande decisero di montare in sella al cavallo e di mettersi in viaggio verso la destinazione indicata sulla mappa anche se era molto lontano dalla capanna.
Per la notte si fermarono nell'enorme villa di un vecchio amico di Daniel, Giacomo.
La mattina successiva si svegliarono con il suono degli uccellini.
Scesero le lunghissime scale. Si sedettero nella lunga tavolata, dove già sedeva Giacomo. Subito arrivò il maggiordomo, il quale chiese cosa desiderassero per colazione. Daniel chiese un succo d'arancia e dei biscotti, mentre Giovanni una tazza di latte e del pane raffermo.
Con la pancia piena si vestirono e il gentile proprietario, prima che loro partissero, gli offrì dei viveri per il lungo viaggio. Gli ospiti, riposati e sfamati, ripartirono per il viaggio. Per cinque giorni potevano sopravvivere con i viveri che gli aveva offerto Giacomo. Avevano poco tempo per trovare la soluzione per salvare il topo.
Dopo una settimana arrivarono al punto indicato dalla mappa.
Era buio e non si vedeva nulla ma per fortuna Giovanni aveva una candela, che accese con un fiammifero.
Daniel disse: ”così è decisamente meglio”
Giovanni rispose: ”Già!”
Daniel disse convinto: ”ora dobbiamo trovare il tesoro “
Giovanni rispose: ”ma chi lo dice che è un tesoro?”
Daniel ribatté: “io dico che è un tesoro perché tengo moltissimo a Diego e questo ci potrebbe aiutare a salvarlo”
Il compagno rispose: ”cosa vuol dire?! Anche io tengo a Diego!”
Il ragazzo disse: “Io non voglio perdere tempo, fai quello che vuoi, io vado a cercare il tesoro!”
E da qui i due amici andarono per due strade diverse.
Giovanni ai primi passi da solo rifletté sulla litigata.
Si era pentito di quello che aveva detto al suo amico così lo seguì senza farsi vedere.
A un certo punto Daniel si fermò ai piedi di un albero e si sedette, fece bere Fulmine, il suo bellissimo cavallo, per poi partire per lunghi giorni di viaggio.
Giovanni non fece in tempo a chiarire con l’amico che subito scomparve nel bosco. Il cavallo di Giovanni prese velocità per raggiungere Fulmine: era un pretesto per fare pace.
Una volta insieme si chiarirono e poi decisero di cominciare a mangiare.
Però, quando Giovanni mise la mano nella sacca prese un piccolo orologio da taschino che non gli tornava familiare.
Così lo fece guardare a Daniel e accorgendosi che l’orario dell’orologio era sbagliato schiacciò un tasto per mandare indietro l’orario. Ma al posto di mandare indietro l’orario andarono indietro nel tempo.
Si trovarono in una scena già vista dieci anni prima. I bambini erano piccoli e giocavano a pallone. Il piccolo Giovanni chiamo "zia" una donna alta mora con occhi di color nocciola. La donna arrivò è Daniel la abbracciò gridando: ”mamma!”
Il figliolo era contento perché la mamma era appena tornata dal lavoro nei campi.
Così capirono che erano cugini, strano vero? Beh nemmeno loro ci credevano.
Più tardi Maddalena, la mamma di Daniel e la zia di Giovanni, arrivò per aiutare suo nipote a cercare il suo braccialetto caduto mentre giocava con suo cugino. Maddalena però non riuscì a soddisfare Giovanni così chiamò Stefano, il padre di Giovanni e anche lui provò a cercare il famoso braccialetto di suo figlio. Lui lo trovò e glielo diede.
In quel periodo Stefano era scorbutico con tutti a causa della morte di Melissa, sua moglie. Lui era molto addolorato ma presto questo dolore si trasformò in rabbia. La sera andò a letto molto stanco e la mattina dopo, quando si svegliò, si sentì “cambiato” come se la rabbia si fosse impadronita del suo cuore. Iniziò ad odiare tutti compreso suo figlio Giovanni, il tesoro più bello della sua vita. Rispondeva male a tutti e voleva stare sempre solo nel suo piccolo ripostiglio. I ragazzi erano l'unica speranza per farlo ritornare normale e gentile. Giorno dopo giorno Stefano continuava a cambiare caratterialmente ma anche nell'aspetto fisico; non lavava i suoi vestiti e non si curava le unghie. Suo figlio era spaventato e non poteva fare nulla essendo troppo piccolo. Daniel e Giovanni guardavano come cambiava Stefano, anche loro erano spaventati. Daniel si ricordò dell'aspetto del mago Cilibù, Stefano ci assomigliava molto. Daniel fece l'ipotesi che il mago Cilibù era Stefano e la sua rabbia era causata dalla morte di Melissa. A Giovanni e a Daniel tutto tornava. Adesso i ragazzi dovevano trovare un modo per fermarlo e non farlo diventare cattivo. A Giovanni venne un'idea: dovevano entrare nel ripostiglio del mago, prendere una foto di lui e Melissa e farla vedere al mago il quale si sarebbe commosso e avrebbe deciso di tornare buono.
La mattina seguente mentre gli altri facevano colazione, Giovanni andò nel ripostiglio e prese una foto di Melissa con il mago. Tornò in sala da pranzo e fece vedere a tutti la foto. Stefano la toccò e si ricordò tutti i momenti passati con Melissa, capì che la sua rabbia non aveva motivo e chiese a tutti scusa per averli trattati male. Ora era tutto sistemato. Daniel e Giovanni presero l'orologio e ritornarono nel presente. Arrivati sulla spiaggia cercarono la capanna di Cilibù ma non trovarono niente. Era come se fosse sparita nel nulla. Ora decisero di andare nel collegio, arrivati trovarono tutto sistemato. Ce l'avevano fatta! Avevano salvato il rettore e Stefano!