CONCORSI DI SCRITTURA CREATIVA
CREAZIONE DI UN FUMETTO
(incipit concorso)
Erano trascorsi pochi mesi dal matrimonio tra Daniel e Camilla e dalla loro incoronazione. Tutto era ritornato alla normalità nel regno. Ma un giorno, alle prime luci dell’alba, a corte arrivò Giovanni uno dei giovani cavalieri del collegio che volle parlare con il re. Era stanco e molto provato, riuscì solo a dire “Daniel… Diego De Villamar è in pericolo, al collegio abbiamo bisogno di te”. Daniel incrociò lo sguardo spaventato di Camilla che senza indugio gli disse: “Vai!”.
UN INCANTESIMO DA SPEZZARE
Mentre il re cavalcava, pieno di preoccupazione, i due soldati che lo affiancavano cercarono di metterlo al corrente su ciò che era stato scoperto sulla scomparsa del rettore.
Infatti, la sera precedente, quando la cena era stata servita al grande tavolo del collegio San Giorgio, Diego de Villamar non si era presentato, subito si pensò ad un leggero ritardo. Quando poi “il leggero ritardo” si tramutò in un’attesa di almeno mezz’ora due cavalieri si proposero di andare a controllare che il rettore stesse bene; ma quando entrarono nella piccola casa, in cui Diego aveva vissuto negli ultimi vent’anni, i mobili antichi, i libri di tutti i generi e le poche stoviglie che il proprietario possedeva, non erano più ordinatamente posizionate al loro posto, anzi, erano sparse su ogni centimetro di pavimento che oramai era sommerso da tutte le cose che, immobili, davano l’idea di essere lì da sempre.
Un solo oggetto era stato risparmiato dal disordine sovrastante in quella fredda dimora e quella cosa era un biglietto color bianco seta, dal profumo così familiare che chiunque l’avrebbe riconosciuto: quel foglietto era stato cosparso di polline del sonno.
Quando Daniel e i due cavalieri arrivarono alla casetta, per terra c’erano almeno sette cavalieri addormentati. Sebastiano, corse incontro al re e lo raccomandò di tenersi a debita distanza dal foglietto che, piegato in modo da non potervi leggere quel che c’era scritto all’interno, sfidava ogni cavaliere ad aprirlo e ad annusare l’odore soffice e morbido che emanava.
“Che nessuno, per nessuna ragione si avvicini per più di un metro al biglietto” sentenziò Daniel serio.
“Mio sovrano, come faremo a leggere il messaggio contenuto all’interno?!” chiese un cavaliere novello. “In qualche modo ogni cosa è possibile…Sebastiano, passami un tovagliolo per cortesia” chiese il re. “Si, subito mio re” ne prese uno dai tanti cassetti aperti e glielo porse. Daniel mise davanti alla bocca il pezzo di stoffa e, a passi cauti si avvicinò al pezzetto di carta. Lo prese in mano, lo aprì e lesse ad alta voce il contenuto:
“Buongiorno, scusate per il disturbo e per il disordine… ma vi comunico che, mentre voialtri avete pensato a come raggiungere questo messaggio, io, se tutto è andato secondo i miei piani, starò seduta sul trono del re a guardare in faccia il rettore del collegio San Giorgio e, quasi sicuramente, la bella Camilla accompagnata dal fratello del re.
Baci e abbracci la regina.”
Appena chiuso il foglietto Daniel lo avvolse nel tovagliolo che aveva sulla bocca, trattenendo il respiro, e chiese al primo ufficiale: “Che cosa ne pensi Sebastiano?”
“Penso che ci sia qualcuno che crede di farla franca, ma che non sa che se non si arrenderà finirà negli angoli più bui delle segrete, mio re dobbiamo fermarla!”
“Concordo pienamente!” annuì il re “Andiamoci a riprendere ciò che è nostro!” e detto ciò sguainò la spada e incitò i suoi cavalieri dicendo: “Partiremo combattenti…”
“Ritorneremo vincitori!!” urlarono insieme gli uomini concludendo il motto dei cavalieri.
Arrivati alla casa del re il pesante portone di legno di quercia che s’innalzava per almeno cinque metri era chiuso e affiancato da almeno dieci guardie, anche sulle mura c’erano decine e decine di soldati con archi e frecce, con spade e scudi.
Quando Daniel s’avvicinò alla guardia che conosceva meglio una mano forte lo tirò indietro talmente violentemente che il re perse quasi l’equilibrio, si girò di scatto e si ritrovò faccia a faccia con Alessandro, uno dei suoi amici più cari, quest’ultimo gli mise una mano davanti alla bocca per non farlo parlare e fece cenno agli altri di seguirlo in silenzio.
“Buongiorno anche a te caro amico, ma mi vuoi spiegare dove ci stai portando e perché?” domandò quasi urlando il re appena Alessandro lo mollo dalla presa alla bocca.
“Vi sto portando in un posto sicuro, lontano da qui. Questa mattina, appena ve ne siete andati, è entrata nel palazzo una donna anziana con addosso un mantello nero e un cappuccio abbassato sul volto -in modo da non far vedere chi si celava dietro-, in poche ore si è impossessata di tutto il castello e adesso ha il pieno controllo sulle guardie…”
“Aspetta cosa?!” lo interruppe Daniel.
“Tu mi stai dicendo che una vecchietta…”
“Incappucciata” precisò Alessandro.
“È entrata nel mio palazzo, se n’è impossessata in poche ore e adesso ha anche il pieno controllo su un centinaio dei soldati del regno?! E tutto ciò senza l’aiuto di nessuno?” disse incredulo e quasi divertito il re
“Mmmh, esatto!” rispose distrattamente Alessandro impegnato a tenere a bada un lungo e spinoso ramo che non voleva saperne di stare lontano dalle sue caviglie nude e già piene di graffi e piccole spine.
“Calmo mio re, calmo” gli disse una debole voce in lontananza.
“Chi c’è? Chi va là?” esclamò sorpreso il re.
“Mio sovrano, mi sembri un po' troppo teso” gli disse nuovamente la flebile voce.
“Tranquillo Daniel, è Massimo che parla” lo tranquillizzò Alessandro, spostando in parte un ramo basso e colmo di mele; oltre quel ramo e appoggiato ad un altro albero, il re scorse Massimo, accasciato a terra con il braccio immobilizzato da due ramoscelli e il volto contratto in una smorfia di dolore che, il giovane cavaliere, cercò di nascondere appena vide il re.
“Ma… ma… che cosa ti è successo amico mio?!” chiese Daniel stupefatto.
“Vedi mio re…” iniziò a spiegare Alessandro subito dopo aver visto il pallido sguardo del suo re “Devi sapere che la vecchietta che oggi si è impadronita del castello, per pranzo ha offerto a tutte le persone presenti nel palazzo una zuppa di carote. Tutti l’hanno presa con piacere. Tutti tranne io, Massimo e altri cinque cavalieri più vecchi che non l’abbiamo accettata…”
“Neanche noi l’abbiamo presa!” lo interruppero bruscamente le due dame da compagnia della regina.
“Si, nemmeno voi due. Daniel, Nella zuppa c’è sicuramente una qualche pozione o un qualche elemento chimico per cui tutti coloro che ne bevono anche solo un sorso…”
“Cadono per terra svenuti e dopo qualche minuto si rialzano e sono al totale servizio della prima persona che vedono, in questo caso quella vecchia strega!” continuò a spiegare Massimo che, sotto tutte le attenzioni delle due dame, cercava di mantenere un po' del suo orgoglio.
Dopo qualche minuto di silenzio il re ricominciò a parlare: “Tralasciando il fatto che tutto ciò è alquanto strano, non riesco comunque a capire cosa c’entri la vecchia che prende il possesso del castello con il braccio rotto di Massimo!”
“Se mi posso intromettere, mio re” iniziò con calma a dire Sofia, una delle due dame da compagnia della regina “Quando ci siamo rifiutati di mangiare quella zuppa, la vecchietta ha dato un po’ di matto… ma forse è meglio dire che è totalmente impazzita! Ha ordinato ai soldati di farci a pezzetti, perciò tutti i cavalieri hanno preso i coltelli dalle cucine e ci hanno rincorso fino a quando Rebecca non è caduta...”
“Si, ci hanno seguito fino a quando non sono inciampata nel tappeto vicino alla porta d’ingresso del castello; allora, molto valorosamente, Massimo mi si è parato davanti mettendosi fra le guardie che ci rincorrevano e me, mi fece da scudo contro tutti i soldati del castello!” proseguì Rebecca, la seconda dama di compagnia, con una nota di dolore, come se stesse ricordando uno spiacevole e lontano ricordo.
“È vero, mi misi fra le guardie e Rebecca, sperando che si sarebbero in qualche modo fermati, ma i cavalieri non si fermarono e non ebbero una minima forma di pietà!” disse con una nota di tristezza il cavaliere.
Osservando, come ammirato, Rebecca che, cercando di curargli la ferita, versò una lacrima che le attraversò tutta la rosea guancia piena di lentiggini;
“Oh cara Rebecca non esser triste, quel che è successo non è di certo colpa tua, vedrai che il nostro re sistemerà questo problema, come ha sempre fatto!” cerco di rassicurarla Massimo sorridendo a Rebecca che gli ritornò un timido sorriso. Daniel lanciò un’occhiata ad Alessandro come per chiedergli come facesse Massimo, lo stesso che, da piccolo, rideva quando il re o l’altro cavaliere amico si facevano male, a diventare così tenero appena Rebecca gli sventolava davanti i suoi lunghi capelli color cioccolato; come per risposta l’amico fece roteare gli occhi e mostrò una smorfia che fece capire al re che il suo valoroso cavaliere si era fatto atterrare dalla bellezza della ragazza con cui ora scherzava.
Mentre il re e Alessandro lanciavano occhiate ai due ragazzi seduti sull’erba, nel palazzo era affacciata alla finestra la vecchia anziana, con il volto ancora coperto dallo scuro cappuccio, che osservava sbigottita Daniel e i suoi amici ridere beatamente.
La donna si risedette sul trono del re, guardò in faccia i suoi tre ostaggi –Camilla, il rettore del collegio San Giorgio e il fratello del re- e chiese:
“Dimmi un po’, principessina, sei davvero certa che il tuo sposo sia valoroso come dice di essere?”
“Regina, se non le dispiace, ma anche se le dispiace, dato che lo sono ancora e lo sarò fino alla mia morte! Ma per rispondere alla tua domanda, SI, sono più che certa che mi tirerà fuori dalle tue grinfie, e salverà me come salverà il resto del regno!” affermò decisa la regina Camilla.
“Beh, in tal caso, se dici che è così coraggioso, allora dovrebbe smetterla di ridacchiare con i suoi compagni di giochi e venire qua di persona ad affrontarmi...” proseguì l’anziana signora.
“Tu parli di coraggio, vecchia strega, quando non osi nemmeno toglierti il cappuccio dal volto.” gli disse in faccia il fratello del re, che inginocchiato e con le mani legate non riusciva a trattenere la rabbia che gli provocava il non sapere chi si celava dietro a quel mantello scuro come la pece.
Istigata da Claudio, il fratello del re, la vecchia portò le mani raggrinzite e ossute al bordo del copricapo, lo afferrò con timidezza, esitò un momento, ma poi se lo lasciò ricadere all’altezza delle spalle; intorno al collo, simile a quello di una tartaruga, comparve una collanina d’oro con un ciondolo e un serpente inciso, ma sopra c’era un viso rugoso, severo e quasi triste; le labbra carnose, uguali a quelle della regina, spiccarono al centro di due piccole fossette agli angoli della bocca piccola e delicata; ma anche il naso, per entrambe, risultava piccolo, all’insù e posizionato fra due guance un po’ paffute; eppure, la cosa che stupiva di più tutti i presenti erano gli occhi, occhi grandi, dello stesso colore di una pallina da golf, occhi inespressivi, talmente tanto da far paura.
Diego e Claudio si sporsero in avanti sulle ginocchia e si lanciarono occhiate spaventate fra loro chiedendosi cosa fosse successo agli occhi della donna. Invece Camilla restò a fissare quella strana figura che, con la sua corporatura così esile e almeno sessant’anni sulle spalle, dava comunque l’idea di poter governare un regno tanto vasto quanto lo era il suo e quello di Daniel; la regina aveva l’impressione di aver già visto quella donna, di averci già parlato, ma in un altro contesto e molti, molti anni prima.
La straniera guardava Camilla come una madre guarderebbe sua figlia e di risposta la regina guardava la vecchietta come si guarda una persona tanto cara al ritorno da un lungo viaggio. Era come se, in quel momento, nel mondo esistessero solamente loro due; Diego e Claudio, per un attimo, scomparvero, il palazzo scomparve, tutto quel che c’era intorno ad esso si dissolse, e in quel secondo, quando nell’intero universo era come se esistessero solamente le due donne, gli occhi dell’anziana si colorarono d’azzurro, un celeste intenso come quello del cielo. Quell’istante, quel momento bastò ad entrambe per raccontarsi ogni cosa che a ciascuna era successa mentre l’altra era assente. Camilla si alzò dalla scomoda sedia che le era stata assegnata dall’anziana signora ed anche quest’ultima si alzò dal trono, la ragazza fece due passi in direzione della donna con le lacrime agli occhi, poi altri due più veloci e un attimo dopo si sorprese a correre incontro alla donna che pochi minuti prima avrebbe voluto rinchiudere nelle segrete, urlò quello che la donna era per lei, gridò in un lamento di gioia: “MAMMA!” una parola che non credeva neanche di saper pronunciare, non si ricordava l’ultima volta che l’aveva pronunciata; Camilla allargò le braccia a pochi centimetri da sua madre, nel tentativo di abbracciarla, ma la vecchia donna si girò di scatto, increspando le secche labbra e cercando di non mostrare le minuscole lacrime che le attraversavano la guancia. La regina cadde ai piedi della madre e le disse semplicemente: “Scusa.” come in un soffio di vento.
“ Siete davvero sicuri? Certi al cento per cento?” chiese il re osservando, da lontano, le alte e invalicabili mura
“Si, mio re, è indubbiamente la cinta muraria più fortificata che io abbia mai visto.” rispose una dei cavalieri più vecchi contemplando la portentosa struttura di mattoni grigi.
“Su questo non c’è dubbio, ma non vi è mai capitato che un soldato nemico riuscisse ad attraversarle?” insisté Daniel.
“No… mai.” ribatté il soldato.
“È vero, mio re, quelle mura non fanno oltrepassare nemmeno uno spiffero d’aria!”
“Uomini, non servirà a nulla continuare a discutere su quanto sia impenetrabile la cinta muraria che dobbiamo oltrepassare, perciò ora chiedo a tutti voi di pensare a come attraversare quelle mura e a come mettere KO tutti i cavalieri che ci sono all’interno!” ordinò Sofia, facendo rimanere di stucco tutte le persone attorno a lei.
A parlare per primo fu il re che appoggiò la dama di compagnia: “Hai ragione Sofia, mettiamoci tutti all’opera!” e così dicendo diede diversi compiti a tutti gli individui li presenti: i cavalieri del collegio San Giorgio ebbero il compito di andare ad avvisare tutto il seminario del pericolo imminente e il dovere di trovare una cura contro le pozioni usate dalla vecchia su tutte le persone del palazzo; i soldati più vecchi vennero incaricati di tener d’occhio le mura; invece, il re, Alessandro, Massimo e le due dame di compagnia della regina, Sofia e Rebecca, si preoccuparono di trovare un modo per entrare nel palazzo con almeno un po’ di discrezione…
“Rebecca, hai memoria di quando, con la regina Camilla, giocavamo a nascondino?” chiese cauta Sofia all’amica dopo diverse ore che si spremevano il cervello per cercare di capire o ricordare un qualche modo per entrare nel castello.
“Oh, come dimenticare quei divertenti momenti? Ricordo che una volta, io e Camilla, ci nascondemmo nel sotto scala o era nello sgabuzzino, ma forse si trovava nelle segrete… Tuttavia il punto è che, appoggiandomi alla parete, un ciottolo si mosse e cadde dall’altra parte del muro, io e la regina ci stupimmo molto e quando guardammo al di fuori del buco, dove prima c’era il sasso, vedemmo un soldato al di fuori delle mura che cercava di rimettere a posto la pietra…”
“Perfetto, allora dove lo troviamo questo posto?” la interruppe un po’ bruscamente il re.
“Ehm… mio re, questo è il punto, è successo almeno quindici anni fa non ricordo esattamente dove, come o cosa è successo poi. Però forse, rivedendo quel posto anche solo da fuori mi potrebbe aiutare a ricordare…” disse timidamente la dama.
“Allora dobbiamo andare in perlustrazione!” disse Alessandro.
Quando arrivarono allo spiazzo, nascosto dagl’alberi, sdraiati a pancia in giù con lo sguardo annoiato rivolto alle mura c’erano due dei cavalieri più vecchi. Essi, appena videro il re, i due amici e le due dame, li accolsero facendo posto affianco a loro.
“Cavalieri del re, forse abbiamo la soluzione!” esclamò orgoglioso il re.
“Oh, meraviglioso. Qual è idea?”
“Allora, c’è un’entrata segreta intorno alla cinta muraria, ma…” iniziò Massimo.
“Ma?!” chiese impaziente uno dei cavalieri di fiducia del re.
“Non sappiamo dov’è!” concluse Sofia.
“O meglio, non ce lo ricordiamo.” corresse Rebecca.
“Ah… beh, almeno sappiamo che esiste no??” provò a rendere più leggera la situazione Massimo.
“Le due dame ritengono che, forse, fare un giro della cinta potrebbe risvegliare dei ricordi, ma per farlo dobbiamo avere la certezza che nessuno si farà del male.” spiegò il re.
“Va bene, si si certo, si può fare, basta stare alla larga dai cavalieri di guardia e appiattirsi al muro per evitare che quelli sulle mura ci vedano.”
Così tutti e dieci si incamminarono nascondendosi dietro i lunghi rami dei salici piangenti e, al momento giusto, correndo verso la cinta muraria e costeggiandola radente.
Sibilla fece un gesto con la mano e due soldati strapparono Camilla dagli scalini che portavano all’altare, riconducendola alla sedia scomoda che le era stata imposta.
“Sai mamma, papà, sul letto di morte, due mesi fa, mi ha detto che se mai tu saresti tornata in questo regno, io ti avrei dovuto dare una peonia bianca, in segno del suo amore.”
La vecchia non rispose ma nei suoi occhi balenò un guizzo d’azzurro che scomparve subito.
“Ora devo andare a dare ordini sulla porta principale di questo piccolo castello, voi restate qui, se muovete un passo vi tolgo le unghie ai piedi!” disse la vecchietta finendo la frase con un certo impeto.
“Ok mammina” rispose divertita Camilla
Guardando la loro regina asciugarsi le lacrime Claudio e Diego chiesero sconvolti: “Camilla, tu hai una madre?!”
“Credo che lo stesso valga anche per voi no?” pentendosi subito di essere stata sgarbata e spiegando con cura ciò che aveva passato: “Sibilla, mia madre, un tempo regina, scomparve due anni dopo la mia nascita, ma questo credo che voi lo sappiate già…” i due annuirono contemporaneamente “quello che forse non sapete” proseguì la regina “è che parecchi anni dopo la sua scomparsa, quando mio padre si era rassegnato già da un pezzo e ormai non la cercava più dandola per defunta, a palazzo arrivò un messaggero e ci consegnò una lettera molto decorata e ben scritta” continuò Camilla pensando a quella busta rosso fuoco che suo padre aveva aperto un bel giorno a pranzo “sulla lettera c’era un invito di mia madre che ci invitava a passare da lei per cenare quella sera stessa.” La regina si zittì e cercò di rimandare indietro le lacrime, ma senza successo “Mio padre, prendendo la lettera come una trappola tesa da qualche nemico, la bruciò e a quella cena non ci andammo, solo ora realizzo che quell’ invito era solo una scusa di una madre per poter rivedere suo marito e sua figlia.” Concluse Camilla che, in quel momento, sembrava soltanto una bambina che aveva un disperato bisogno di sua mamma.
“Camilla, non so se te ne sei accorta ma mentre vi stavate fissando i suoi occhi sono diventati di un ‘’normale’’ azzurro.”
“Davvero?”
“Si, come se fosse stata sotto incantesimo e il ricordo felice di una figlia l’avesse fatta tornare in sé!” disse Claudio.
“Se l’ipotesi che hai fatto è vera allora qui stiamo parlando di uno che ci sa davvero fare con gli elementi chimici!” dedusse Diego.
“Frena, frena, aspetta, ciò significa che mia mamma non è in sé, e che quindi lei non è il nemico?!” esclamò con un grido di gioia la regina.
“No, tua mamma sarà il nemico fino a quando sarà sotto l’incantesimo” disse piatto il rettore facendo scompartire il largo sorriso che Camilla aveva sulle labbra.
“La buona notizia è che prima, per un istante, sei riuscita a farla ritornare padrona di sé stessa! Lo devi rifare, questa volta però ti dovrai concentrare di più e far durare di più il momento che è stato prima” disse Claudio; ma quando Camilla alzò il volto in cerca di sua madre non la trovò, non vide nessuno a parte i suoi due amici.
Si sentì uno scricchiolio.
Poi il rumore di sassi che grattano fra loro ed infine un tonfo.
Tutti i presenti si voltarono e videro un buco nel muro e due piccole manine che ne fuoriuscivano. Dalla finestra che si era creata nel muro, oltre alle manine, comparve anche un piccolo faccino tanto amabile. Le manine spinsero un altro sasso, altre pietre caddero per terra producendo un fragoroso rumore e una bambina sui sette anni uscì dal varco che aveva formato con una tale disinvoltura da non rendersi nemmeno conto di essere davanti al re. Quest’ultimo sussurrò: “Direi che abbiamo trovato quel che cercavamo, e anche qualcuno in più… brava piccolina!”
“Penelope cosa ci fai qui!?” disse Rebecca riprendendo la bambina.
“Ti volevo fare una sorpresa per il tuo compleanno!” disse la fanciulla imbronciando il volto e portandosi le braccine al petto.
“Rebecca, non mi avevi detto che oggi fosse il tuo compleanno!” sussurro un po’ troppo forte Massimo in tono quasi di rimprovero.
Rebecca si strinse nelle spalle e biascicò uno “Scusa” accompagnato da un sorriso. Il re si schiarì la voce.
“Oh, scusi mio re, mia sorella non voleva far danni” disse Rebecca.
“Non mi avevi nemmeno detto che avevi una sorella!” disse incredulo Massimo.
“Sta tranquilla Rebecca” disse in tono pacato il re, ma lanciando un’occhiataccia a Massimo.
“La bambina non voleva far male a nessuno” disse strizzando l’occhio a Penelope “E poi mi ha fatto venire un’idea, ma non so se ti piacerà.” disse rivolgendosi a Rebecca.
Quando tutti oltrepassarono l’arco che la piccola aveva creato e quando la vista di ognuno si abituò all’oscurità delle segrete il re espose la sua idea, che non fu subito accettata…
“No!” disse con fermezza Rebecca “Mi dispiace mio re, davvero, ma non manderò mai mia sorella dritta tra le grinfie di quella vecchia strega!” proseguì con fare deciso la dama “Ci deve essere un altro modo!”
Daniel guardò colpito la ragazza che teneva stretta sua sorella con fare protettivo.
“Mi dispiace Rebecca, ma non trovo altra maniera, ti prometto che Penelope non incontrerà nemmeno la strega, dovrà solamente gironzolare per i corridoi senza farsi vedere”.
“Piuttosto andrò io!” disse con gli occhi velati Rebecca.
“No! Tu no, andrò io al tuo posto!” disse valorosamente Massimo se non fosse che…
“Massimo, ti devo ricordare io che hai il braccio rotto? da solo non ci riusciresti mai! Ti vuoi forse far portare in braccio dalla bambina?” disse sul punto di ridere Alessandro.
“Uff” sbuffo Massimo “Beh, se non ci potrò andare io allora sono certo che Alessandro, da valoroso cavaliere, si proporrà!” disse con un sorrisetto furbo.
“Ragazzi, basta litigare, nessuno di noi ci andrà, la vecchia e le guardie hanno già visto tutti noi dieci, quindi dobbiamo mandare per forza mia sorella…” si arrese infine Rebecca con le lacrime agli occhi.
“E se facciamo come a carnevale? A carnevale nessuno riconosce nessuno anche se tutti si conoscono” disse prudente la piccola bambina stretta al fianco di sua sorella.
“Rebecca, tua sorella è un genio!” esclamò il re stringendo la mano alla piccola Penelope che sorrise e si nascose dietro Rebecca.
“Fate come vi dico, uomini, con me!” concluse il re.
Dopo un tempo interminabile davanti al buco nel muro comparvero otto cavalieri armati, con armature ed elmi; d’istinto Rebecca cercò di nascondere Penelope dietro di sé, ma la bambina sgattaiolò via e andò a prendere la mano del cavaliere più vicino, quest’ultimo si tolse l’elmo, sorrise e disse: “Direi che ha funzionato, non ci avete riconosciuto!”
“Mio re, ci hai fatto prendere un colpo!” dissero Rebecca e Sofia simultaneamente.
“Allora direi che siamo perfetti!”.
“Ma, cosa avete intenzione di fare? Voglio dire, farete un sopralluogo nel castello per capire dove e come sono messe le guardie, ma poi?” chiese Sofia scettica.
“All’inizio ci divideremo e faremo un’ispezione dell’intero castello, dopo ritorneremo qua a darvi informazioni e decideremo cosa fare” rispose il re.
“Io cosa faccio?” domandò timidamente Penelope giocando con una delle lunghe trecce della sorella maggiore.
“Tu, piccolina, dovrai proteggere la tua sorellona e Sofia, va bene?”
“Va bene, mio re!” la bambina sorrise e porse la mano a Daniel in segno di saluto, come se volesse quasi incoraggiare il suo sovrano.
I cavalieri si incamminarono, ma prima che sparissero oltre la curva delle scale a chiocciola, Rebecca si alzò e andò a baciare sulla guancia il suo cavaliere, Massimo, che ricambiò il bacio con un sorriso e diventando paonazzo sotto agli occhi imbarazzati del suo amico Alessandro.
I cavalieri si erano già messi d’accordo su chi avrebbe esplorato dove, infatti appena salite le scale si divisero come se non si conoscessero: Massimo, Alessandro e altri due cavalieri salirono la grande rampa di scale di marmo coperta da un tappeto rosso, i tre cavalieri più vecchi si divisero e ognuno entrò in una delle tante porte al pianoterra, invece, il re, restò di guardia affianco alla porta centrale pregando che la vecchietta non ci passasse davanti proprio in quel momento… preghiere che però rimasero inascoltate.
Si guardò intorno, si alzò dalla sedia e poi iniziò a camminare in direzione del trono.
“Mia regina, cosa state facendo?”
“Tranquillo Claudio, sto solo andando nel posto che mi spetta!” E così dicendo la regina si sedette nel suo trono, quello affianco al re.
“Camilla, ma l’avete sentita quella mentre diceva che ci avrebbe torturato se avessimo mosso un passo?!” domandò sconcertato Diego.
“Si, certo che l’ho sentita, ma ci vorrà ben più di questo per togliermi il mio regno! Perché, fino a prova contraria, io sono ancora la regina di questo reame e Daniel è il mio re!” concluse decisa Camilla, regalando un sorriso dei suoi migliori a tutti i presenti.
Diego e Claudio non provarono nemmeno a dissuaderla dall’idea di allontanarsi dal trono, tanto sarebbe stato tutto inutile, la regina alle volte sapeva davvero essere testarda!
“Dobbiamo riflettere su chi può voler impadronirsi del vostro regno, vi viene in mente qualche nemico, una persona che sa che vostra madre è viva?” chiese il rettore cambiando discorso.
“No, purtroppo non mi vengono idee…” disse dispiaciuta la regina provando a pensare, ma proprio mentre dei ricordi le riaffioravano alla mente la porta si aprì ed entrarono quattro soldati. L’espressione spavalda che poco prima si trovava sul volto di Camilla, svanì, e con essa anche la posa serena che aveva sul trono se ne andò, la regina assunse una postura più rigida, alzò il mento e i suoi erano gli occhi di chi avrebbe sfidato anche il cavaliere più forte, se avesse osato spostarla da quel trono.
Eppure le guardie fecero una cosa del tutto inaspettata, si inchinarono di fronte a lei e sciolsero le corde che legavano le mani di Diego e Claudio. La regina divenne ancora più sospettosa sotto gli sguardi confusi del rettore e di suo cognato Claudio.
“Toglietevi l’elmo” provò ad ordinare Camilla e quando questi eseguirono il suo ordine sul volto di tutti comparve un grande sorriso.
“Buongiorno mia regina, giornata movimentata?” chiese spiritoso Massimo.
La regina gli fece un sorriso, ma il suo volto si rabbuiò subito: “Daniel sta bene?” chiese preoccupata.
“Si, mia regina, non vi preoccupate, ora sta facendo la guardia al portone principale” la rassicurò Alessandro “Ditemi piuttosto di voi, quella brutta strega non vi ha fatto nulla spero…” si preoccupò.
La regina sospirò e disse: “Quella brutta strega è mia madre” Massimo e gli altri cavalieri rimasero di stucco mentre Alessandro provò a scusarsi “Non fa nulla cavaliere, inoltre abbiamo scoperto che è sotto incantesimo, quindi in realtà non è esattamente mia mamma… ma ritornando alla vostra domanda no, non mi ha fatto nulla.” concluse la regina provando a fare un sorriso, che le venne un po’ forzato.
“Ma l’avete vista in volto? Da cosa si capisce che è sotto incantesimo?” domandò uno dei cavalieri più vecchi.
“Si, l’abbiamo vista in volto, ed è questo il punto, quando si è tolta il cappuccio aveva gli occhi bianchi, ma quando ha fissato intensamente la regina allora gli occhi le sono diventati azzurro mare, noi crediamo che la vista di una figlia che non vedeva da molto tempo abbia in qualche modo spezzato l’incantesimo per qualche secondo, dopodiché è ritornata come prima, con gli occhi bianco latte.” raccontò Diego.
“Tu, vieni con me!” ordinò la vecchia a Daniel, comparendo di fronte alla porta centrale. Lui obbedì e s’accodò dietro di lei.
La vecchia gli ordinò di andare a prendere la principessa; Daniel trattenne l’impulso di correggere la donna e infine annuì.
Salite le scale e aperta la porta che dava sulla sala del trono il re si ritrovò davanti tutte le persone a lui più care: sorrise e si tolse in fretta l’elmo per evitare di prendersi un pugno in faccia da Alessandro, che sorrise a sua volta e biascicò uno “Scusa” inchinandosi seguito da Massimo, gli altri cavalieri e il rettore; quando tutti si furono alzati Camilla gli corse incontro abbracciandolo.
“Mi hai fatto preoccupare!” disse la regina imbronciando leggermente il viso.
“Oh, sono davvero dispiaciuto mia regina, non era mia intenzione.” ribatté lasciandosi sfuggire un leggero risolino.
“Come sei stata in compagnia di quella brut…”
“Non dirlo, quella brutta strega è mia madre!” disse sorridendo Camilla, come se stesse ordinando una tazza di caffè al bar.
“Hm…” gemette preoccupato il re lasciando Camilla dall’abbraccio e assumendo un’espressione preoccupata.
“Tranquillo mio re, mia mamma, per il momento, non è mia mamma” Camilla cercò di tranquillizzare il re che parve ancora più confuso e preoccupato, ma in suo soccorso arrivò Diego che gli spiegò tutto per filo e per segno.
Quando il re ebbe un quadro completo della situazione disse agli altri di aspettarlo nelle segrete, lui sarebbe andato a comunicare alla vecchia che i suoi “prigionieri” erano scappati
Circa mezz’oretta dopo si trovavano tutti – il re, la regina, Alessandro, Massimo, i cinque cavalieri più vecchi, Sofia, Rebecca e Penelope- nelle segrete a cercare di attuare il piano.
“Ti ha reagito mia mamma alla notizia della nostra fuga?”
“Ha detto che avrebbe mandato un gruppo di dieci uomini per ritrovarvi e per riportarvi nella sala del trono.”
“Ah, beh speriamo che non vengano proprio qui a cercarci!” disse la regina a suo marito.
“Ripeto per tutti il piano, mi raccomando avremo una sola possibilità!” avvertì Diego.
“Ora il re, seguito da Alessandro, andrà dalla brutta str… ehm volevo dire… dalla madre della regina, la convincerà a seguirli giù per le scale fino alle segrete, qui entreranno in azione la piccola Penelope, Rebecca e Sofia che, stando sul bordo del buco del muro, dovranno distrarre la vecchia. Intanto Massimo io e Alessandro prenderemo da dietro la madre della regina la immobilizzeremo su una sedia legandola con le corde che… dobbiamo ancora trovare…” spiegò il rettore finendo la frase con una nota di preoccupazione.
“Ma comunque, dopo aver trovato le corde e un posto dove sedere la mamma della regina, entrerà in azione la regina stessa e cercherà di spezzare l’incantesimo guardando negli occhi sua madre” concluse Diego.
“Trovate! Ho scovato, infondo al sottoscala, delle corde, una cassa -che possiamo usare per sedere Sibilla- e persino un bavaglio, nel caso parlasse troppo…” disse Claudio.
“Va bene, ma vi prego, cercate di non farle male! È pur sempre mia madre!” supplicò Camilla.
“Ovviamente maestà!” la rassicurò Diego.
Così, mentre i soldati più anziani facevano la guardia in cima alle scale delle segrete, il re, travestito da cavaliere, si recò dalla vecchia Sibilla che stava seduta sul trono con fare da regnante. Ella gli chiese se avesse novità sui suoi prigionieri, lui rispose di no, invece gli disse con tono preoccupato: “Mia signora” –iniziò masticando un po’ le parole- “abbiamo un problema nelle segrete”.
“Beh, risolvetelo!” ribatté stupita la vecchia.
“Ci abbiamo provato ma ci occorre la vostra presenza” farfugliò il re.
“Non intendo lasciare questo trono neanche se ci fosse il re di fronte a me!” annunciò Sibilla.
Al re venne un’idea: “Allora immagino che non le interessi sapere che il re è il problema…” disse con nonchalance. La regina fasulla s’irrigidì e ordinò: “Va bene, verrò con voi ma voglio i cinque soldati più forti al mio fianco”
Il re divenne nervoso e urlò: “No!” la regina lo fissò stupefatta e incuriosita, Daniel s’impietri e cercò di rimediare al danno fatto “Nel senso che il re ha una proposta da farvi e ci ha detto esplicitamente che se voi vi foste presentata con dei soldati lui sarebbe andato a chiedere rinforzi nelle fazioni vicine”.
La vecchietta si rilassò un po’ e il re proseguì con la sua storia fasulla “Perciò consiglio che, per la vostra sicurezza, sia meglio che voi veniate da sola, non vi preoccupate, ci sarò io a scortarvi e ho già messo delle guardie in cima alle scale” inventò il re sperando di non aver mandato in fumo tutta l’operazione.
Sibilla aggrottò le sopracciglia, ci pensò su e poi valutò che forse era meglio seguire il consiglio di quel cavaliere così rispose: “Va bene, seguirò il vostro consiglio…” il re si rilassò, fece per incamminarsi verso la porta ma la vecchia continuò a parlare “… a patto che voi vi togliate l’elmo” concluse Sibilla con un sorriso malizioso. Il re cercò a quel punto di balbettare una scusa: “M…mi devo t…togliere l’elmo? M…ma non vedo il motivo…” riuscì a formulare infine. “Il motivo è semplice, credetemi” rispose la vecchietta “lo dovete fare” continuò sporgendosi sempre più dal trono “perché ve lo ordino io!” urlò infine la donna.
A quel punto il re sapeva di non avere scampo: si portò lentamente le dita al bordo del copricapo fece per toglierselo ma in quell’esatto momento cinque guardie – i soldati anziani, che Daniel riconobbe appena uno gli batté la mano sulla spalla- entrarono dicendo alla falsa regina che doveva accorrere immediatamente alle segrete perché la situazione era peggiorata. Allora Sibilla scese dal trono e quando passò vicino a Daniel gli sussurrò: “Con te non ho finito, mi mostrerai il tuo volto dopo” il re sospirò rallegrato sapendo che non ci sarebbe stato nessun “dopo” per la vecchia strega.
I vecchi cavalieri si fermarono all’inizio delle scale e promisero che sarebbero accorsi in caso di bisogno.
La vecchia, poco tranquilla, mandò avanti il cavaliere –Daniel- per paura che il re gli avesse teso una trappola, di ricambio il sovrano travestito fu felice di andare per primo.
“Quindi gli tolgo il cappuccio?” chiese Claudio con le mani tese sulla testa della vecchia seduta sulla cassa – come previsto dal piano-.
“Sii!” gli risposero in coro tutti “Ok, ma chi non l’ha ancora vista col viso scoperto, non si aspetti di vedere il bel faccino di Biancaneve! Chiaro? Allora lo tolgo: uno… due… tre!” Claudio tolse il cappuccio, ma prima che la vecchia potesse protestare era già immersa negl’occhi color nocciola della bella fanciulla che aveva di fronte; le donne rimasero a fissarsi per qualche minuto senza che succedesse nulla di speciale, ma poi gli occhi della donna anziana incominciarono, piano piano, a colorirsi di un bell’azzurro, la regina sorrise, non si mosse, restò a fissare quella che un tempo era sua madre, era come se parlassero una lingua che solo loro due conoscevano: si, stavano zitte, ma in realtà si stavano raccontando ogni cosa.
Dopo qualche altro minuto, lentamente, la regina iniziò ad allontanarsi dalla donna e con gran sollievo di tutti gli occhi di Sibilla restarono azzurri come il mare, davano l’idea di potercisi annegare dentro.
L’anziana donna parve a disagio appena distolse lo sguardo dagli occhi di Camilla, infatti chiese: “Dove sono? chi siete voi? Perché sono legata?”
Il re si sedette per terra affianco alla sua sposa e gli cinse la vita con il braccio ancora coperto dall’armatura.
“Ci sarà tempo per rispondere a tutte le vostre domande, ma non ora.” disse senza dare la possibilità alla sua interlocutrice di ribattere o protestare.
Mentre Camilla si preoccupava di sciogliere i numerosi nodi delle corde attorno a mani e piedi di sua madre, dieci cavalieri novelli si presentarono davanti al varco aperto nel muro, erano cavalieri del collegio San Giorgio e portavano bune notizie: la cura per la pozione data a tutti i cavalieri era stata trovata!
Camilla si prese la libertà di prendere da parte sua madre e di spiegarle tutto quel che era avvenuto in quel giorno bizzarro.
Quando la regina concluse il suo racconto sua madre riuscì solo a formulare una piccola domanda: “Camilla, dov’è mio marito?” con voce tremate Camilla le rispose alzando un dito verso il soffitto: “Alza gli occhi e lo vedrai, lui ci osserva da lassù ora”.
A interrompere questo momento prezioso fu il re che entrò nella stanza ed iniziò una specie di interrogatorio: “Qual è l’ultima cosa che ricordi?”.
“Ehm… ero a cavallo, volevo a tutti i costi vedere mio marito e mia figlia” rispose rivolgendo un sorriso che Camilla scorse fra le lacrime “Stavo attraversando un monte” continuò “Quando all’improvviso il cavallo nitrì ed io caddi a terra, mi risvegliai seduta su una poltrona di tessuto rosso davanti ad un fuoco acceso e scoppiettante, era sera e davanti a me sedeva, su un’altra poltrona rosso cremisi, un uomo ben vestito con la faccia coperta da un velo nero, sentivo il suo sguardo penetrante su di me.” Raccontò con voce grave la donna “Ricordo che mi fece una proposta, ma non ho memoria di quale sia” concluse la mamma di Camilla.
“Va bene, ricordi se ti ha dato da mangiare o da bere qualcosa?” continuò il re.
“Si, mi pare che bevvi un tè davanti a quel caminetto”.
“Descrivimi la stanza in cui ti trovavi.” chiese Camilla curiosa.
“Beh, è la stanza più lussuosa in cui io sia mai stata: era almeno lunga 12 metri ed ogni tre metri pendeva un lampadario incantevole dal soffitto. Quest’ultimo era decorato con affreschi di tutti i tipi, e la stanza era piena di quadri stupendi di diverse dimensioni; sul muro di destra, gigantesche finestre pulite a tal punto da avere paura di sporcarle solo con lo sguardo e oltre le vetrate linde si scorgeva un immenso giardino verde contornato da siepi altissime e da molteplici alberi di ogni tipo…” il re la interruppe per chiederle: “Attorno agli alberi c’erano stretti sentieri accompagnati da molte aiuole sui lati?”
Sibilla ci pensò un po’“Oh, sì,” rispose quando una scintilla illuminò i suoi occhi: “C’erano mille e più fiori con corolle dai colori sgargianti illuminate dalle fiaccole interrate ogni due metri circa, ma ci siete già stati?” chiese al re.
Camilla si lasciò sfuggire un sospiro e disse: “Eccome se ci siamo già stati! E’ casa nostra!”