CONCORSI DI SCRITTURA CREATIVA

CREAZIONE DI UN FUMETTO

Agata Panciera


Quinta A  Scuola Primaria "Guglielmo Marconi"

Catena di Villorba (TV)

IC VILLORBA E POVEGLIANO - Villorba (TV)


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CATEGORIA G

UN COMPAGNO DI AVVENTURE

 

 

Tanto tempo fa, in un’epoca lontana, in una città dove a mezzodì era buio e al calar della sera sorgeva il sole, vi era un regno grande e popolato, Forolt. Qui vivevano fra i più degni cavalieri e fra le più belle dame, fra i migliori dottori, fra i più nobili cittadini, ma il peggior re dell’epoca. Il suo nome era Tor.

 

Tor aveva paura della magia, e questo terrore si era tramutato in odio. Condannava chiunque volesse praticarla, chiunque solo stesse con chi la praticava. Ovviamente non sapeva che, dall’altra parte del mondo, in quel preciso momento, l’uomo che avrebbe portato magia e prosperità in tutta la terra in una sola notte, stava per nascere. (io!)

 

Infatti, al Polo Nord, mia madre stava per partorire.-

 

Vi immaginate Babbo Natale neonato?

Io non c’ero, ma me lo immagino perfettamente: una palla con degli occhi vispi e un sorrisone vivace.

 

Ma torniamo a Forolt- continuò il Vecchio. -Tor aveva una sola figlia, amata più di ogni altra cosa: Miriam.  Ella aveva lunghi capelli neri che le cerchiavano il viso, un dolce sorriso e dei piccoli occhi celesti con uno sguardo sereno. Fin da quando aveva dieci anni, i piccoli principi pretendenti la accerchiavano facendo a gara per chi le regalava i fiori più belli del regno. Lei in quelle occasioni si annoiava a morte e, quando i principini camminavano per i prati cercando il girasole o la primula più luminosa ed elegante, Miriam scappava, con il vento sulla faccia, e si arrampicava sugli alberi per vedere le rondini covare nei loro nidi o si esercitava nel tiro con l’arco come le aveva insegnato il suo tutore Zachary.

Zachary, pur vecchio, era il miglior amico di Miriam; secondo Tor avrebbe dovuto sempre solo inchinarsi a lei, lavarla, darle da mangiare e rifarle il letto, ma ovviamente Zachary non la pensava come lui. Miriam e Zachary si divertivano assieme studiando i vecchi libri di draghi e mostri, andando a caccia con arco e freccia, duellando con spade di legno fingendo di essere prodi cavalieri e arrampicandosi fino al tetto del castello per poi stendersi a guardare le stelle a mezzodì. Miriam voleva bene a Zachary più di quanto non avesse mai voluto bene a nessuno.

 

***

 

Nel frattempo, fra fremiti, strilli, pianti e grosse risate, io ero cresciuto ed ero diventato sempre più gentile e… grasso Oh, Oh, Oh!!- Babbo Natale concluse la frase con una fragorosa risata.

A questo punto del racconto, il mio piccolo cuoricino di legno fece un balzo. Avevo capito! Io, Arlecchino (un burattino di 127,3 cm di altezza) stavo per usare la Pila del Tempo!  

Primo: la Pila del Tempo è una delle invenzioni più geniali di Babbo: serve per andare indietro nel tempo e consegnare i Regali Speciali a chi non li ha ricevuti perché il Vecchio non c’era ancora. Usare la Pila del Tempo è un grande onore: di solito Babbo compiva le sue missioni con gli elfi più fedeli e saggi, ad esempio Pun Ciro o Spilungone, ma questa volta aveva scelto me!

Secondo: i Regali Speciali sono i regali che Babbo consegna con cura a chi ha un destino già scritto nel libro che si trova nel cassetto della sua scrivania, vicino al Grande Archivio.

E questo è tutto.

Tutto a posto Arlecchino?- io come sapete non potevo parlare, ma il Vecchio, dai miei occhi, capì la mia emozione. -Hai capito, eh? Lo sapevo! È sì, useremo la pila del tempo!-

 

***

 

Mentre Babbo si preparava ad uscire, io, dal mio caldo angolo vicino al grosso caminetto di pietra, ero e-mo-zio-na-tis-si-mo!! Avrei voluto abbracciarlo, saltare di gioia, battere le mani al mio buon vecchio amico; ma purtroppo, i miei fili e il mio corpo immobilizzato non me lo permettevano. Così potevo solo sognare di abbracciarlo, di correre ed urlare di gioia, di esprimere la mia felicità a tutto il gran Polo Nord.

Sono- e -pronto-; le due parole fatidiche che pronunciò Babbo, con gentilezza, vedendomi fantasticare col naso per aria. Io feci un gran sorriso, cercando di farglielo vedere, ma le mie dure labbra si mossero forse di qualche millimetro. Il mio cappello bianco dondolò un po’, quindi il vecchio me lo sistemò, e con aria triste disse: -mio caro Arlec, per ora non puoi venire con me in questo viaggio… può venire solo qualcuno di vivo.-

Cosa? Non ci potevo credere!

Ma ecco che il Vecchio continuò: -quindi… Ehi, guardami!- lo accontentai, e il suo viso, non so come, mi rassicurò -quindi tu vivrai!-.

Non mi lasciò il tempo di capire, fece uno strano gesto con le mani rugose, da esse uscì una polvere verde smeraldo e un brivido piacevole mi attraversò il corpo.

Mi guardai le mani. Aspettate, RIUSCIVO a guardarmi le mani… RIUSCIVO a muovere le dita e il corpo, e con un gesto di liberazione staccai i fili dai polsi e dalle caviglie, e corsi ad abbracciare il Vecchio.

Era un sogno diventato realtà, mi sentivo una farfalla uscita dal bozzolo che volava in alto, leggera. -È ora! - disse Babbo, sembrando dispiaciuto di interrompere quella mia danza in onore alla vita. Io invece gli sorrisi, corsi fuori superandolo e guardai finalmente la neve, ne presi un po’ sul palmo e l’accarezzai. Era proprio come la raccontava Babbo: morbida, fredda, bianchissimo materasso di velluto.

Quando il Vecchio mi raggiunse, con qualche fascia di lardo ballonzolante e il fiatone, gli chiesi: -qual è il destino di Miriam?-

Lo scoprirai presto- mi rispose, con aria di rimprovero. -Adesso vieni!-

Riposi l‘avambraccio sinistro sopra al suo destro; ormai sapevo come si faceva avendolo visto così tante volte dalla finestra! Aspettai che tirasse fuori la pila e quando lo fece si girò verso di me: -Tieniti duro, ci sarà una piccola scossa- lo strinsi così forte che gli lasciai il segno. Era il momento. Fece riflettere la luce, che in realtà assomigliava ad un orologio: come una matriosca, erano riposti un cerchio dentro l’altro, con tanto di numeri. Il Vecchio girò velocemente quella fascia che nelle pile normali serve per aumentare la luminosità, che lì serviva per cambiare gli anni. Feci appena in tempo a guardare il riflesso sulla morbida neve, che chiusi gli occhi e tutto svanì. Mi sentii scaraventato da una parte all’altra, riuscii a vedere solo immagini offuscate e doppie. Quando quel caos finì, ero confuso. Da una parte, avrei voluto aprire gli occhi e guardarmi intorno, dall’altra mi sentivo molto meglio a lasciarli chiusi per godermi quel sogno stupendo, visto che era di sicuro un sogno, bellissimo. Alla fine mi decisi ad aprirli, e non ci crederete ma vidi la porta del regno di Forolt, coloratissima, con disegnato un enorme gufo: il simbolo di Tor. Quando mi voltai, mi ritrovai alle spalle una enorme e buia foresta, e una bellissima civetta bianca: aveva degli occhi gialli e uno sguardo tagliente, aveva un’aria di quella che sa sempre tutto. Attaccata alla zampetta formata da tre artigli affilati, stava una lettera, color pergamena. Mi avvicinai piano a essa, che stridette orgogliosa. Quando riuscii a staccare la lettera dalla zampa, l’uccello volò via e appena la lettera si aprì divampai di rabbia e sconforto. La lessi tutta d’ un fiato, per non piangere.

Diceva così:

 

 

Caro Arlec,

mi dispiace ma ho avuto un incidente nel viaggio;

la pila era scarica e poteva trasportare solo una persona.

Così mi sono sacrificato e sono tornato indietro, ma sappi che ce la farai! Viale dei folletti, 11!

 

Il tuo vecchio e rugoso amico.

 

 

Una gonfia lacrima mi cadde lentamente, anche se il suo calore non mi confortò per niente…

Avrei dovuto fare tutto da solo, asciugai velocemente la lacrima con la manica, morsicandomi il labbro: CE LA POTEVO FARE!

 

***

 

Entrato dentro alle mura del Regno da quella maestosa porta, tutto cambiò. Neri rami si volgevano al cielo, carichi di foglie; le case luminose in legno e marmo si alzavano maestosamente ed il cielo sembrava governare il tutto con perfetto equilibro.

Ai margini della piazza, munita di statua e fontana, sorgeva il castello, cupo al contrario del resto. Mi misi alla ricerca di Miriam, fermandomi solo una volta ad una bancarella appartenente ad una grassa pasticciera con il tatuaggio di una rosa sull’ avambraccio, piena di dolci… che golosità! (non ditelo a Babbo però, devo compiere con serietà questa missione).

Dopo vane ricerche, mi accorsi che ero la persona più sbadata del mondo! Vi dico solo: VIALE DEI FOLLETTI, 11!

Mi ritrovai davanti ad una graziosa casetta, al limitare del bosco. Scostando rapidamente la polvere da un cartello di legno scrostato, riuscii a leggere: VIALE DEI FOLLETTI, 11

Suonai, emozionato. Mi aprì un vecchio uomo di colore, con la folta barba sorprendentemente bianca, ossuto, che si reggeva a un bastone.

Buongiorno sir, ha bisogno del mio aiuto?- mi ricordai dell’aria fredda della sera, e chiesi di entrare. All’interno la casetta sembrava essere molto più grande, ed il fuoco scoppiettava gentilmente. Era tutta addobbata e decorata in attesa del Natale. Doveva essere la vigilia! Avevo perso la cognizione del tempo… Mentre riflettevo su tutto ciò, entrò in salotto una bellissima ragazza, e io ne riconobbi i celesti e vivaci occhi e il dolce sorriso. Mi ritrovavo davanti alla principessa del regno.

 

***

 

Passai lì la notte, in una piccola stanza calda. La mattina dopo, seduto sul duro materasso trapuntato, feci mente locale e… Ve l’avevo detto che ero sbadato!

 

Missione: portare il Regalo Speciale a Miriam.

Problema: NON AVEVO il Regalo Speciale di Miriam.

 

Mentre facevo colazione, chiesi a Miriam: -miss Folgerest- era così che si chiamava, -cosa avete chiesto per Natale? - lei mi sorrise, -UN COMPAGNO DI AVVENTURE…- mi rispose gentilmente.

Non sapevo esprimere la mia gioia.  Grazie Babbo!!! Pensai.

Eri riuscito magicamente a far felice me, portare il Regalo Speciale a Miriam e tornare dalle tue belle renne, in quello che era il mio vecchio presente.

 

***

 

Piano piano mi sto avvicinando ad oggi, ma vi lascio col mistero…

Vi dico solo che adesso sono a fianco a Miriam, sulla grande e decorata balconata del castello che in questo momento non sembra più così cupo. Forse perché adesso la magia è ammessa, forse perché ora una regina più buona e felice ci abita, o forse perché Forolt è una città i cui vivono fra i più degni cavalieri e fra le più belle dame, fra i migliori dottori, fra i più nobili cittadini…

 

E ora la più bella e simpatica regina da generazioni è aiutata dal fedele medico di corte, il signor Zachary, e da un degno e gentile cavaliere, SIR ARLEC.